Colpo di fulmine: Troppo bello per essere vero di Kristan Higgins




KRISTAN HIGGINS
TROPPO BELLO PER ESSERE VERO

La prima cosa che ho pensato leggendo questo libro è: oh my gosh, la harlequin pubblica chick lit! 
Perché, seppure il titolo e la copertina potrebbero trarre in inganno l'ignaro lettore, questo non è il solito, banale, scontato romanzo rosa. 
Ci sono dinamiche, infatti, sia nella trama sia nella caratterizzazione dei personaggi, che ricordano i libri della Kinsella, anche se, ça va sans dire, nessuno raggiungerà mai la bravura della famosissima scrittrice britannica. 
La protagonista di Troppo bello per essere vero non è una donzella indifesa, vergine e tonna. Il lui di turno non è un multimilionario tremendamente secsi e donnaiolo. Bé, multimilionario lo era. Secsi lo è ancora. Donnaiolo chissà. 
Certo è che i personaggi non sono particolarmente originali; anche la trama è scontata, un incrocio tra una commedia americana di terza categoria e... una commedia americana di terza categoria. 
La protagonista, Grace, è convinta di condurre un'esistenza schifosa, e a ragione: il suo ex l'ha mollata per mettersi con sua sorella, una creaturina insipida, stupida e egoista che tutti amano perché dolce come un bigné ricoperto di glassa alla fragola.  
Grace è un' insegnante, guadagna una miseria, non fa sesso con un uomo da un sacco di tempo, tutti la compatiscono a causa delle sue (dis)avventure sentimentali, il suo bellissimo, fighissimo e intelligentissimo migliore amico è gay... non riesco a immaginare una persona più tragicamente sfigata di lei. 
Ma sapete una cosa? Se in qualsiasi altro contesto una protagonista del genere mi avrebbe dato sui nervi, Grace è troppo dolce, vulnerabile e ironica perché io la possa detestare. 
Ammetto di avere un debole per i casi umani che non passano le loro giornate a compatirsi, e nonostante tutte le sue sfortune, Grace emana una positività, una verve tale e sì, è anche originale, simpatica e piena di senso dell'umorismo: queste caratteristiche me l'hanno fatta apprezzare moltissimo, è stato un po' come un colpo di fulmine. 
Questo è un romanzo veloce, poco impegnativo, si legge nell'arco di un pomeriggio e per apprezzarlo non si devono fare chissà quali sforzi; non è roba adatta ai lettori forti, quelli che in un libro cercano un messaggio morale, una lezione di vita, un'opera artistica irripetibile. 
Ma è una storia d'amore che conquisterà i cuori più romantici, che vi regalerà qualche ora di svago, che vi farà sorridere, vi emozionerà, vi farà venir voglia di strangolare qualcuno (leggi: ex fidanzati stronzi e sorelle idiote). Troppo bello per essere vero è anche il cammino di una donna alla ricerca di se stessa; la storia di un abbandono, del più terribile dei tradimenti, la voce fragile, disillusa e tragicomica di una ragazza come tante capace di superare anche i momenti più difficili, quelli in cui ognuno di noi non desidera altro che nascondere la testa sotto al cuscino e fare finta di non esistere, sparire nel nulla, dimenticare persino il nostro nome. 
Una fiaba, un romanzo bello e fresco, curioso, intenso e divertente, l'elettrizzante viaggio nelle rocambolesche avventure sentimentali di una protagonista irresistibile che gronda humour e comicità. 
Consigliato? Sì. Badate bene: non aspettatevi il capolavoro dell'anno perché ne rimarrete delusi, ma se volete concedervi un pomeriggio di puro relax, questo è il libro che fa per voi.







E siccome oggi mi sento particolarmente buona (cosa rara, anzi rarissima) vi lascio un piccolo teaser del libro, un passaggio particolarmente divertente che sono certa farà sorridere anche voi. 

Tratto da pagina 80 

Questa casa potrebbe essere molto carina, pensai, se qualcuno la ristrutturasse. Forse il mio vicino è qui per questo. Magari la farà diventare un gioiello.
A quel punto notai qualcosa sul viale. Un rastrello abbandonato in cui qualcuno sarebbe potuto inciampare per finire con il battere la testa sulla vasca per uccelli a qualche metro di distanza, e poi nell'erba tutto insanguinato... non aveva già sofferto abbastanza quel poveretto?
Raccolsi tutta solerte il rastrello. Visto? Stavo già facendo la buona vicina.
«Questa me l'ha lasciata lei?»
Quella voce dal nulla mi spaventò e mi girai di scatto. Purtroppo avevo ancora il rastrello in mano e glielo diedi praticamente in faccia.
Lui indietreggiò, inebetito, e la bottiglia di vino che gli avevo lasciato sulla porta gli sfuggì di mano e cadde sul viale spaccandosi in mille pezzi.
Il profumo di merlot cancellò tutte le promettenti fragranze dell'imminente primavera.
«Ops» dissi con voce strozzata.
«Cristo santo, signora» imprecò il mio nuovo vicino strofinandosi la guancia. «Ma che problemi ha?»
Io feci una smorfia guardandolo in faccia. Aveva ancora l'occhio gonfio, e anche alla luce fioca notavo benissimo il livido. Piuttosto vistoso, decisamente.
«Salve» salutai.
«Salve» sbottò lui.
«Ehm... benvenuto nel quartiere» gracchiai. «Va... tutto... tutto bene?»
«A dire il vero, no.»
«Ha per caso bisogno di un po' di ghiaccio?» gli chiesi, facendo un passo verso di lui.
«No» rispose lui sulla difensiva, facendo un passo indietro.
«Senta» dissi. «Mi dispiace tantissimo. Sono solo venuta per... insomma, per scusarmi.»
All'idea che la mia missione di pace fosse finita con un'ulteriore mazzata in faccia al mio vicino, produssi una risata nervosa, che mi venne fuori come il latrato di Angus la volta che aveva vomitato l'erba del mio prato.
L'uomo non disse niente, limitandosi a guardarmi storto, e io mi ritrovai a pensare che il look ammaccato fosse... insomma, erotico.
Portava i jeans e una maglietta chiara, e aveva, sì, delle belle braccia. Grandi, possenti, muscolose, ma non quelle ultradefinite di chi passa ore e ore ad allenarsi davanti allo specchio in palestra.
No. Quelle erano braccia da operaio. Braccia da metalmeccanico. Braccia di un uomo che sa riparare un'auto.
Mi venne subito in mente Russell Crowe alla fine di L.A. Confidential, quando è seduto sul sedile posteriore dell'auto con la mascella fasciata e non può parlare. Avevo sempre trovato la cosa molto erotica.
«Molto lieta di conoscerla, io sono Grace» dissi deglutendo visibilmente, cercando di ripartire da capo. «Volevo scusarmi per... ieri sera. Mi dispiace tantissimo. E ovviamente mi dispiace anche tantissimo per questo. Non può sapere quanto.» Abbassai lo sguardo e vidi che aveva i piedi nudi. «Mi sa che sta sanguinando. Forse ha messo un piede sui cocci di bottiglia.»
Lui abbassò gli occhi a sua volta, e poi mi ha guardò con aria impassibile. Voi direte che sono paranoica, ma a me sembrava un'occhiata sprezzante.
Perfetto, adesso non gli mancava proprio niente. Pesto, sanguinante, puzzolente di vino come un ubriacone, e come se non bastasse anche sprezzante.
Chissà perché, ero innegabilmente attratta da quel tipo. Arrossii e ringraziai il cielo che ci fosse poca luce.
«Ascolti» continuai con calma, «mi scusi tanto, ma ieri mi sembrava un malintenzionato... tutto qui.»
«Forse la prossima volta è meglio che sia sobria quando chiama la polizia» ribatté lui.
A quelle parole rimasi a bocca aperta. «Ma lo ero! Ero sobria!»
Feci una pausa. «Più o meno.»
«Aveva i capelli sconvolti, puzzava di gin, e mi ha colpito in faccia con un bastone da passeggio. A lei sembra il comportamento di una persona sobria?»
Cominciai a sudare freddo. «A dire il vero, era una mazza da hockey su prato, e i miei capelli sono sempre così. Come può ben vedere.»
Lui alzò gli occhi al cielo. Bene, almeno non aveva l'occhio così gonfio da non poterlo aprire. Anche se quel movimento doveva avergli fatto un male cane perché il volto gli si contorse in una smorfia di dolore.
«Insomma, mi è sembrato sospetto, tutto qui» ripresi. «Non ero ubriaca, brilla sì. Un pochino, sì.» Deglutii di nuovo. «Ma era mezzanotte passata, e lei non aveva la chiave, no? Perciò... insomma, la cosa sembrava piuttosto losca. Mi dispiace che abbia passato la notte in cella. Tantissimo.»
«Va bene» grugnì lui.
D'accordo, il grugnito non era altrettanto melodioso come la chitarra sudamericana su cui avevo fantasticato, ma era già qualcosa, no? 
«Allora» proseguii, determinata a far sì che ci congedassimo in buoni rapporti. «Mi scusi, non ricordo il suo nome.»
«Non gliel'ho detto» rispose lui incrociando le braccia e mettendosi a fissarmi.
Che dolce.
«Benissimo. Lieta di averla conosciuta, comunque si chiami. Buonanotte.»
Lui non aggiunse altro.
Io con molta cautela posai il rastrello, forzai un sorriso, aggirai i cocci di bottiglia e aggirai lui, ponendo estrema attenzione in ogni movimento che facevo.
Il tragitto verso casa mia, che è solo a un paio di decine di metri di distanza, mi sembrò interminabile. Avrei dovuto tagliare per il cortile, ma c'era quell'erba alta che mi faceva sempre temere un incontro sgradito con qualche serpente nascosto.
Lui non proferì più parola, e con la coda dell'occhio notai che non si era neanche mosso. Benissimo. Non era una persona gentile.
Non l'avrei invitato al picnic del quartiere, a giugno.
Fine della storia.




***


Il libro: C’è chi guarda le vetrine desiderando cose che non potrà mai permettersi, chi invece ammira le foto di alberghi di lusso in cui non andrà mai. Io mi sono spesso immaginata di aver incontrato un ragazzo carinissimo e perfetto quando invece non esisteva. Come quel giorno in cui avrei preferito restarmene a casa anzichè partecipare a un matrimonio. Non era tanto la cerimonia a disturbarmi, quanto il fatto che ci sarebbe stato quel bastardo del mio ex, al braccio di mia sorella, per giunta, mentre io sarei arrivata da sola. L’unica soluzione era inventarsi un fidanzato, un tipo meraviglioso e affascinante con sex appeal da vendere e un tagliente senso dell’umorismo. Uno di quelli per cui le altre sbavano di invidia e sarebbero disposte a tutto pur di rubartelo... Di sicuro uno così non è l’uomo della porta accanto, sarebbe troppo bello per essere vero.








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