La metamorfosi è il racconto più celebre di Kafka, un capolavoro che ha superato i confini della letteratura e oggi fa parte dell'immaginario collettivo. Il commesso viaggiatore che si risveglia enorme, orrido scarafaggio è ormai una figura paradigmatica delle nostre paure, esemplificazione perfetta dell'alienazione, della normalissima assurdità del mondo in cui viviamo. La scrittura di Kafka - asciutta, fredda, quasi asettica e perciò paradossalmente ancora più forte e spietata - tocca in queste pagine nuove vette.
La mia indole di lettrice mi porta a dubitare di ciò che sto per dire a proposito di questo racconto. Un capolavoro della letteratura mondiale, un romanzo torbido e angoscioso che può essere soggetto a infinite interpretazioni. Proprio per questo faccio fatica a raccogliere le idee.
La Metamorfosi è forse l'opera più famosa dello scrittore ceco Frank Kafka; uno scrittore che è un po' anche un filosofo, ma che al contrario dei filosofi non tenta di risolvere i grandi misteri dell'universo e della natura umana, ma si diverte a sovvertirlo, quest'ordine, servendosi di personaggi che nonostante tutto sono straordinariamente vividi, vittime della loro ignoranza, di una grettezza che Kafka guarda con occhi impietosi e al tempo stesso comprensivi.
Kafka è uno scrittore sui generis: i sui libri dipingono con straordinaria, efficace e terrificante maestria un caos dai toni cupi e inquietanti. In particolare, la Metamorfosi è un libro che si legge di pancia, e il pathos, l'angoscia, il senso di irrealtà ne sono protagonisti indiscussi. L'inquietudine che ammorba ogni parola, in un crescendo che culminerà in un finale dal sapore amaro e fatalista.
La polemica di Kaka su temi universali quali famiglia e società è straordinariamente sottile, velata, mai lampante o apertamente accusatrice: Kafka non punta il dito, insinua. E non lo fa con arroganza, ma con una sorta di dolce, straziante consapevolezza, che applica anche al suo personaggio più struggente e affascinante: Gregor è una figura così seducentemente candida, romantica e melanconica; eppure, reo di essersi lasciato assorbire da una vita frenetica e insoddisfacente, è lui a fare le spese di ciò che la spinta della società lo ha costretto a diventare: un numero fra tanti, privo di una concezione propria. Non un soggetto, ma una parte imprescindibile della collettività, che non può essere separata da essa, perché in tal caso non servirebbe più a nulla, non avrebbe più alcun valore. La metamorfosi di Gregor pone una divisione netta tra 'lui' e gli 'altri', e di conseguenza all'improvviso i genitori scoprono non solo di non aver più bisogno di lui, ma persino di volersene liberare. L'individuo contrapposto alla massa, è forse questo uno dei temi più cari a Kafka.
Ed è questo a rendere La metamorfosi un capolavoro.
Lo spaesamento del lettore, il suo continuo interrogarsi su ciò che si nasconde fra le righe, senza poterne mai venire a capo, senza mai riuscire a intuire il leitmotiv di questo romanzo, perché questo romanzo un leitmotiv non ce lo ha: si sa solo che, terminate le ultime righe, il senso di angoscia diventa insopportabile, che c'è qualcosa che lo scrittore sta disperatamente cercando di dirci ma che la nostra mente è sistematicamente programmata -dalla società? dalla nostra stessa natura? questo non saprei dirlo- per essere incapace di comprendere.
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