Libro dolce libro: L'amico ritrovato di Fred Uhlman





FRED UHLMAN
L'AMICO RITROVATO






Mi reputo troppo inesperta e insicura per abbandonarmi al pensiero di recensire questo libro. La bellezza -la vera bellezza- è spesso racchiusa in una visione del mondo e delle cose terribilmente caotica, caotica come le mie sensazioni, i miei pensieri, l'eredità che L'amico ritrovato ha lasciato dentro di me, nella mia testa e nel mio cuore, in quel breve, significativo, straziante epilogo che in poche parole esplica il titolo e i contenuti di quello che credo passerà alla storia come uno dei racconti più toccanti di sempre. Un libro da tramandare ai nostri postumi; la storia di un'amicizia come tante che, interrotta, plagiata, potremmo quasi dire corrotta -ma non definitivamente- dalla tragedia della shoah, con tutte le sue implicazioni, con le sue conseguenze, ma soprattutto con l'aria di decadenza e di nostalgia che si respirava nella Germania di quei terribili, sanguinolenti anni.

Piccolo Yid - vogliamo dirti addio
Che tu raggiunga all'inferno i senzadio. 

Piccolo Yid - ma dove te ne andrai?
Nel paese da cui non si torna giammai?

Piccolo Yid - non farti più vedere
Se vuoi crepare con le ossa intere

Un'amicizia che incontra un epilogo terribile e dolce insieme: 

<<Mio caro Hans, 
Questa è una lettera difficile. Prima di tutto voglio dirti quanto mi dispiaccia che tu stia per partire per l'America. Non dev'essere facile per te, che ami tanto la Germania, ricominciare una nuova vita in un  paese in cui né io né te abbiamo niente in comune e mi immagino l'amarezza e l'infelicità che devi provare. Tuttavia, questa è la soluzione migliore. La Germania di domani sarà diversa da quella che abbiamo conosciuto.>>

Un'amicizia che sfuma nel fulgore delle malsane dottrine con cui Hitler ha instillato il morbo della follia nel popolo tedesco. Quando dico 'popolo tedesco', intendo anche il piccolo, nobile, colto Konrandin Von Hohenfels. 

<<Sarà una nazione nuova, guidata da un uomo che deciderà del nostro fato e di quello di tutto il mondo per i prossimi cento anni. So che resterai sconvolto nell'apprendere che io credo in quest'uomo. Lui solo è in grado di salvare il nostro amato paese dal materialismo e dal comunismo, e la Germania potrà ritrovare l'ascendente morale che ha perduto per colpa della sua follia. So bene che non sei d'accordo, ma non vedo altra speranza per noi. La nostra scelta è tra Stalin e Hitler e, tra i due, preferisco Hitler. La sua personalità, la sincerità del suo intento, mi ha colpito come non avrei mai creduto possibile. L'ho incontrato di recente a Monaco, dove mi ero recato con mia madre. Esteriormente è un ometto insignificante, ma appena lo si ascolta parlare si viene travolti dalla forza della sua convinzione, dalla sua volontà di ferro, dalla sua intensità e perspicacia quasi profetica di cui è dotato.>>


Dopodiché si susseguono frettolose e frenetiche quelle che credo essere le parole più strazianti del romanzo. Parole affilate, traditrici, perché il lettore è portato a credere con tutto se stesso nell'amicizia tra Hans e Konradin, fino a che non arriva la stangata finale. 

<<Forse un giorno i nostri cammini si incrocieranno di nuovo. Mi ricorderò sempre di te, caro Hans! Hai avuto una grande influenza su di me. Mi hai insegnato a pensare e a dubitare e, attraverso il dubbio, a ritrovare Gesù Cristo, nostro signore e salvatore. 
Il tuo affezionato, 
Konradin v.H>>. 

Ma perché, perché Uhlman, pittore di fama internazionale, scrittore forse un po' meno celebre, ma i cui testi denotano una conoscenza, uno stile, un vissuto di un'entità non indifferente, ha dato un titolo del genere a questo libro?

Perché L'amico ritrovato?

Ripeto che non me la sento di recensire questo racconto; non trovo le parole, mi ha lasciato dentro qualcosa che non posso, non riesco e quasi mi vergogno di esprimere, perché è un sentimento troppo intimo e forse persino un po' patetico, come patetiche sono quelle emozioni che derivano da ciò che non ci riguarda da vicino, ma sono sicura che i miei lettori mi perdoneranno. 
Concludo, quindi, questo breve post citando uno dei passi più importanti e commoventi del libro, e al tempo stesso rispondendo alla mia precedente domanda. 
Perché L'amico ritrovato? Fino alla penultima pagina il lettore è indotto a pensare che, più che ritrovata, quest'amicizia sia stata irrimediabilmente perduta. 
Fino alle ultime righe di pagina 92, fino all'epilogo di quello che giudico essere un racconto di straordinaria efficacia, un racconto pieno di una intensa, struggente, viscerale umanità. 

<<Afferrai l'opuscolo con l'intenzione di stracciarlo ma, all'ultimo momento, mi trattenni. Facendomi forza, quasi tremando, lo aprii alla lettera H e lessi. 
"Von Hohenfels, Konradin, implicato nel complotto per uccidere Hitler. Giustiziato">>. 






Piccola nota: alcuni giorni dopo aver finito di leggere questo libro, l'emozione iniziale si è attenuata e tuttavia la voglia di indagare sulla vita di Uhlman non se ne andava, quindi ho fatto un salto su Ibs e ho ordinato Storia di un uomo, l'autobiografia di questo pittore e scrittore straordinario che, a quanto si dice, nella vita ne ha viste davvero di tutti i colori. Si pensa anche che L'amico ritrovato sia leggermente autobiografico e che Konradin sia esistito veramente, quindi non ho potuto resistere all'impulso di acquistarlo... e ad essere sinceri non vedo l'ora di leggerlo e di saperne di più su tutta questa storia. 
Vi lascio quindi una breve presentazione del libro, edito da Feltrinelli. 





STORIA DI UN UOMO

Già dal titolo volutamente incolore emergono gli intenti narrativi di Uhlman, conosciuto dai contemporanei più per la sua attività di pittore che per il suo talento letterario. È questa una straordinaria autobiografia nata non dalla volontà di immortalare eventi ma dal desiderio di raccontare la storia di un uomo, ebreo, nato in Germania nel l90l, e quindi coinvolto nelle grandi catastrofi del nostro secolo. Pur dedicando molta attenzione all'evoluzione dell'antisemitismo durante il regime hitleriano, Uhlman procede pacatamente, conducendoci per mano, come un eroe di Bellow, attraverso i luoghi della sua diaspora, nella Parigi dei grandi pittori, poi nella Spagna della guerra civile e infine nell'idilliaca Inghilterra. Gli eventi più sconvolgenti sono frammisti alla minuteria dell'aneddoto e l'autobiografia assume la forma di un romanzo intriso di garbati sentimenti, dello stupore e della delicatezza propri di un uomo che si è salvato per puro caso dal crollo degli argini della razionalità. Pagina dopo pagina emerge il ritratto di un individuo che ha inseguito con passione il sogno di vivere per l'arte, di un cittadino che ha cercato in ogni anfratto della storia di affermare il valore della tolleranza e della cortesia, di un maturo gentiluomo di campagna che tira le somme di un'esistenza, sinceramente convinto di aver fallito nel suo intento: diventare un grande artista. Ma questa autobiografia, insieme al successo postumo del romanzo "L'amico ritrovato", è la più netta smentita di quella convinzione.
(L'Indice)


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