Recensione: Il canto della rivolta di Suzanne Collins



Recensione
(attenzione: spoiler!) 

SUZANNE COLLINS
IL CANTO DELLA RIVOLTA

Verrai, verrai, all'albero verrai, 
cui hanno appeso un uomo che tre ne uccise, o pare?
Strani eventi qui si son verificati
E nessuno verrebbe mai a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all'albero degli impiccati. 


Questo libro, che tanto mi ha fatto penare. Il motivo? Iniziamo col volgere questa parola al plurale, poiché la lista sarebbe infinita. Prima quegli scellerati della Mondadori, che non ne volevano sapere di tradurlo, figuriamoci di pubblicarlo! Abbiamo dovuto minacciarli -sì, minacciarli- per convincerli del fatto che non siamo degli idioti e che è meglio non tirare troppo la corda, perché anche la nostra pazienza ha un limite. Francamente? Chissene frega che abbiano voluto far uscire Il canto della rivolta in concomitanza con la trasposizione cinematografica del primo libro della serie, e che la Mondadori è una major e in quanto tale agisce prima di tutto per far soldi. Averci fatto aspettare quasi due anni per il capitolo conclusivo di questa trilogia è INAMMISSIBILE. Una bella presa per il culo, vi pare?
Ma il libro l'ho comprato lo stesso, perché la mia lingua sarà pure biforcuta, ed è vero, mi piace far polemica, ma non ho saputo resistere e ci ho speso i miei 17 euro, con buona pace del mio portafogli.
Tant pis, il libro ormai ce l'ho, ma non ho mai avuto il coraggio di aprirlo fino a qualche giorno fa. Perché? Perché sono terribilmente emotiva; talmente emotiva che di fronte a tutti gli spoiler che su facebook si diffondevano come manco una malattia venerea saprebbe fare -spoiler che non promettevano nulla di buono, tra l'altro- mi sono letteralmente cagata addosso. E devo dire che un po' ho fatto bene a esitare. 
Il canto della rivolta è un libro di un'intensità straziante. Però. Le prime 150 pagine sono non lente, di più. Nello stile di Suzanne Collins si avverte una pesantezza narrativa tale, una stanchezza emotiva che rende la narrazione statica, appiattisce la prosa (che già di suo lasciava a desiderare)... ho sbadigliato parecchie volte all'inizio di questo romanzo. 
La freddezza della protagonista, che fino a quel momento mi era sembrata terribilmente faiga, è diventata tutto a un tratto irritante. Le frasi brevi, spezzettate. 
<<Ciao. Mi chiamo Katniss. Sono la ragazza di fuoco. Mi spiace per te, caro lettore, ma non ho una beata cippa da raccontarti>>. Ecco cosa mi dicevano le prime pagine di questo libro. 
Ma sono andata avanti, perché in un modo o nell'altro ero affezionata ai personaggi, mi <<erano entrati nel Quore>>, e per quanto sembri una frase da cartellone pubblicitario ideata dal gemello intelligente di Renzo Bossi, mi sento costretta ad ammettere che è vero. Amo questi personaggi, li amo con tutti i loro difetti, li amo nella loro relativa piattezza, li amo complessi e facilmente indovinabili, li amo perché sono dei cliché viventi e perché la Collins li ha saputi nonostante tutto reinventare. 
La trama de Il canto della rivolta è un po' incoerente, presenta numerosi buchi che disorientano il lettore; questa caratteristica, invece di penalizzare il romanzo, solletica la fantasia di chi legge, perché questi buchi il lettore li vuole riempire a ogni costo, ed ecco che iniziano i voli di fantasia, che sono lo scopo ultimo di chi, per un motivo o nell'altro, è approdato nel mio blog. Non per niente Hunger games è narrativa di evasione, e non per niente la Collins ha avuto tanto successo: di trip mentali leggendo questa saga ve ne farete eccome, e non solo sulla storia d'amore, perché il distopico è un genere che affascina, intriga, seduce: qualcuno, tra mille anni, raccoglierà i semi di ciò che noi abbiamo sparso su questa terra, ed è impossibile non chiedersi se i frutti saranno buoni o cattivi (credo che tutti noi in questo momento propendiamo per la seconda ipotesi), se la società in cui Katniss interagisce somiglierà anche solo lontanamente a quella in cui interagiranno i nostri postumi. 
Tornando al libro, Il canto della rivolta ha un difetto che mi ha infastidito parecchio: la Collins cerca di infilarci dentro riflessioni politiche, e non è evidentemente in grado di farlo. Partorisce pensieri poco profondi che ha palesemente preso in prestito da un 'certo' George Orwell, ma se ne esce con delle banalità talmente assurde che persino un bambino ci riderebbe sopra. 


IL PLAGIO
Non posso passare sopra a una cosa del genere. D'altronde sono anzitutto una fan di Twilight. E' il motivo per cui (quasi) tutti mi conoscete; è il motivo per cui sono qui. E' ciò che mi ha condotta a voi e ciò che vi ha condotto a me. Ricordate la scena della tenda? Siamo in Eclipse, verso fine romanzo, quando Bella, mezza morta dal freddo, stanca e abbattuta, si addormenta e sente come in un sogno Edward e Jacob parlare in maniera quasi amichevole. Ebbene, succede la stessa e identica cosa in Il canto della rivolta. A un certo punto Katniss entra in dormiveglia pure lei e ascolta Gale e Peeta scherzare amaramente sul fatto che prima o poi la donzella dovrà scegliere uno dei due. 
Male. Molto, molto, molto male. 



INFINE 
Cosa si salva di questo libro? Perché così sembra che io lo stia bocciando senza pietà. Non è assolutamente vero. Passate le prime 150 pagine, la Collins inizia a dare il meglio di sé e allunga la brodaglia insipida dei capitoli iniziali con una sana dose di azione, con un Peeta decisamente diverso da come lo conosciamo e con un Finnick che, se lo incontrassi per strada, rapirei all'istante. Per farne cosa sta a voi indovinarlo. 
Katniss è sterile di sentimenti, almeno all'apparenza, ma ci pensa Peeta a rimediare a quella che io chiamo 'frigidità cronica', malattia di cui la Ragazza di fuoco è affetta per tutta la durata della saga e che, haimé, me la fa un tantino detestare. 
Peeta, che persino nei suoi scatti rabbiosi è ossessionato dal suo amore. Peeta che diventa uno schizofrenico afflitto da istinti suicidi, ma che non perde un briciolo del suo fascino. 
Peeta che alla fine avrà la giusta ricompensa per tutti i guai che quella benedetta figliuola gli ha fatto passare. 
Si dà invece poco, pochissimo spazio a Gale, personaggio che io amo molto, primo perché è un figo da paura, sencondo perché... bé, perché è un figo da paura, ovviamente! Gale è istintivo. Violento. Estremo. E' fuoco che brucia, che divora, che ammorba, affascina, strega. 
Se Peeta è, come mi piace chiamarlo, un <<soggetto estremamente scopabile>>, Gale è il personaggio che ho amato di più e che popola le mie fantasie, che alimenta i miei sospiri, che mi farebbe diventare le gambe di gelatina se solo fosse vero. Niente sarebbe troppo volgare per lui. 
E forse lo odierei, persino Katniss non può fare a meno, in alcuni passaggi, di detestarlo, ma l'amore è cieco e sordo e masochista, e io avrei voluto sapere qualcosa di più su di lui. Invece la Collins lo ha fatto sparire senza un minimo di rimpianto e spero che un giorno si penta di come ha trattato la sua creatura. 
Tornando a noi, il finale de Il canto della rivolta è vago, confuso e non mi è piaciuto per niente: la cara Suzanne ha lasciato troppe cose in sospeso, troppe domande, troppi <<what if?>>; ha inoltre disseminato tante lacrime dei fan perché, sacrificando alcuni dei personaggi principali (come si fa a uccidere, anche solo nella propria immaginazione, un tipo come Finnick? Per non parlare di Prim: in quel punto ero assolutamente sconvolta... così sconvolta che ho pianto e sono stata scontrosa per il resto della giornata, con conseguenti occhiatacce di tutti quelli che hanno avuto la sfortuna di trovarsi sotto le mie grinfie. 
Infine: consiglio questo libro? Nonostante tutto sì, mi sento di consigliarlo. Non è profondo ed è scritto un po' alla cazzo di cane, e scusate il francesismo ma oggi sono di poche parole. Dicevo: non sarà un capolavoro e il suo successo non durerà a lungo, esattamente come è accaduto con Twilight (parlo da fan sfegatata), Il diario del vampiro (parlo da una che lo detesta cordialmente) et similia, ma è un libro che nonostante tutto si legge e anche bene; un libro che ti lascia qualcosa dentro, anche se per poco. Un libro che, adempiendo allo scopo che si prefigge, intrattiene, rattrista, fa sorridere e emozionare il lettore. Un'emozione effimera? Forse. Ma, come dice il vecchio Lucio <<Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi... emozioni...>>.



1 commento:

  1. Nonostante tutti i difetti, le canocchie, i buchi, le morti che mi hanno fatta patire, mi è piaciuto leggere questi libri, vero o falso? Vero.

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