Gli immortali: Eugenia Grandet di Honoré Balzac








Eugenia Grandet è il primo romanzo che leggo dell'acclamato (ma poco popolare, soprattutto tra i giovani e giovanissimi) scrittore francese Honoré Balzac. E' considerato uno dei capolavori più riusciti della Comédie humaine, (termine cloniato da Balzac stesso)  corrente letteraria comprendente un centinaio di racconti che si prefiggono lo scopo di riportare su carta, nella maniera più fedele possibile, la civiltà francese del diciannovesimo secolo. Ma queste sono definizioni spicce, che chiunque potrebbe copia-incollare da google. 
Parole banali a proposito di un autore che di banale aveva poco o niente. Perché Balzac vantava uno straordinario talento che consisteva nello sviscerare, con occhi freddi e impietosi; di porre l'accento, gettando una luce straordinariamente vivida e trasparente, la società, i modi, le usanze, la mentalità degli abitanti di una francia in tumulto, di un'aristocrazia e di una borghesia ormai irrecuperabilmente corrotte, e di insegnare al lettore, attraverso parole crude e prive di qualsiasi artificio, che nella vita reale non sono i buoni a trionfare, ma gli animi gretti, aridi e sopraffatti dall'egoismo. 
Protagonista di questo bellissimo romanzo è Eugenia Grandet, figlia di un borghesotto di campagna rude e con un difetto che condizionerà (in peggio) la vita di tutti i protagonisti, nessuno escluso: l'avarizia. Papà Grandet, che gode di un'ottima reputazione tra la gente del posto; Papà Grandet che Balzac sarcasticamente chiama <<buon uomo>>, lui che di buono non ha nulla; Papà Grandet che per tutta la vita ha convissuto con una brama di denaro che lo spingerà a comportarsi nella maniera più abietta possibile non solo nei confronti di Eugenia, simbolo di una purezza ormai calpestata dalla spinta ben più potente dell'ambizione paterna, ma anche verso la sua ottima moglie, la quale morirà nella convinzione che la vita è un supplizio, una tortura inesprimibile, un calvario da cui solo la chiamata in cielo potrà liberarla. 
Eugenie e Papà Grandet. Due contrasti più stridenti di così è difficile trovarli. E' come osservare un foglio bianco con una enorme macchia d'inchiostro nel centro. E' questo il talento straordinario di Balzac; un'abilità fuori dal comune che gli permette di tratteggiare personaggi estremi nelle loro passioni (Eugenie e l'amore per il suo stolto cugino; Monsieur Grandet che persino in punto di morte brama toccare e annusare le sue monete d'oro) senza mai gettargli addosso una luce ridicola, senza mai farli apparire pedanti o poco verosimili. 
Fino a un mese fa non conoscevo Balzac, ma mi aspettavo di trovarmi di fronte a uno stile astruso e prolisso, un po' come il suo coetaneo e connazionale Dumas, eppure il suo libro si è rivelato una piacevolissima sorpresa. Non fraintendetemi: anche Balzac è prodigo di descrizioni e digressioni di ogni tipo... la differenza sostanziale sta nel fatto che quando si dilunga, Balzac lo fa per un motivo e ha un tempismo pressoché perfetto: quando nel libro accade qualcosa di sconvolgente, l'autore ci dà la possibilità di riprender fiato raccontandoci di luoghi, e paesaggi ed emozioni, pensieri e poco (pochissimo) sentimentalismo. Dumas, per quanto dotto e popolare, era un po' mercenario: aveva la preoccupazione di vendere le sue parole e ne produceva il più possibile perché quelle erano la sua unica fonte di sostentamento, e per quanto i suoi libri siano dei capolavori, il lettore ha un po' l'impressione di essere stato truffato: Il conte di Montecristo, ad esempio, avrebbe benissimo potuto  contenere un massimo di 500 pagine, invece delle mille e duecento che effettivamente vanta. Le altre settecento sono un di più, qualcosa che non ti serve, che puoi ammirare ma che non ti arricchisce in alcuna maniera. Balzac, invece, era diretto e onesto e cattivo. Sì, cattivo. Perché il suo stile è nudo e crudo come i suoi personaggi, estremo come le passioni che li smuovono, scenografico, anche, come il salottino in cui conosciamo per la prima volta le iniquità di Papà Grandet e l'innocenza di sua figlia Eugenia. 
In ogni caso il paragone non regge. 
Dumas mi ha lasciato tanto, ma Balzac ancora di più. Quel senso insopprimibile di tristezza, di fatalità, di una tragedia dignitosa ma che poteva essere evitata, di un dolore pieno di candore, di un amore ferito che ci lascia con un'unica consolazione: Eugenie è una creatura al di sopra delle brutture del mondo, e forse proprio per questo motivo non potrà mai esserne davvero toccata.



Una piccola riflessione mi sento in dovere di farla: chiedendo in giro, ho notato che davvero poche persone conoscono Balzac (non è un crimine, figuriamoci, e capisco il fatto che la spinta che la narrativa odierna, così produttiva e stimolante e immediata, diventi di giorno in giorno sempre più seducente. Tuttavia... solo io sto iniziando a notare, da parte dei giovani, un pericoloso allontanamento da quelli che sono considerati i classici più importanti della letteratura mondiale?
In fondo sono proprio i classici ad aver creato la nostra civiltà e a fornirci un minimo di coscienza storica... coscienza storica senza cui la nostra libertà di espressione e di pensiero potrebbe essere fortemente compromessa. Secondo voi come mai le persone si allontanano sempre di più da questo tipo di libri per affacciarsi a generi letterari che saranno anche validi e stimolanti, ma che (almeno secondo il mio modesto parere),   non eguaglieranno mai il fascino di certi romanzi senza tempo... Che ne pensate? Voi li leggete i classici o preferite generi un po' più vicini alla vostra quotidianità? Fatemi sapere!

1 commento:

  1. Poco tempo fa dello stesso autore ho letto Papà Goriot, anche questo fa parte della Comédie humaine, e ne sono veramente rimasta incantata, ho pianto come una fontana, però l'ho adorato. Ci ho anche messo parecchio tempo per decidermi a leggerlo, quando ero più piccola ho avuto delle difficoltà, i libri di Honoré Balzac non sono semplici racconti, vanno molto a fondo nell'animo umano, tanto che è in gradi di descrivere con assoluta freddezza i pregi e i difetti della sua società, ma anche della civiltà in genere.
    Ora sono curiosa di leggere anche questo, ma con molta calma,bellissima recensione.

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