Spese folli, la vendetta


Cazzeggi vari




Potrei ammettere di avere un problema... se non fosse che comprare libri, libri e ancora libri mi piace da matti. Anche se so che passeranno mesi prima che riesca a leggerli tutti. Ogni volta che entro in libreria, ogni volta che la commessa mi porge il sacchetto coi miei acquisti, ogni volta che, appena tornata a casa, tiro fuori le mie nuove aggiunte, guardandole con soddisfazione, mi sento semplicemente... bene. E' quasi come una catarsi. Ecco perché di solito faccio shopping durante i week-end: è uno dei tanti modi in cui scarico la tensione che ho accumulato durante la settimana. In particolare, ieri è stata una giornata splendida se togliamo il fatto che faceva un caldo soffocante, che la Spagna ci ha giocato quattro terribili coup d'éclat, che il meteorologo del tg (bastardo!) aveva promesso che in piemonte sarebbe arrivata un po' di aria fresca, che l'agenzia viaggi era l'unico maledetto negozio chiuso del centro commerciale, io che avevo tanta fretta di prenotare l'albergo per le vacanze (eh sì, tra una decina di giorni me ne vo al mare, e sono terribilmente in ritardo con le prenotazioni). Se tralasciamo tutto questo, se ci concentriamo sul fatto che la Mondadori era aperta e che ho comprato non uno, non due, bensì tre libri, bé, la mia giornata è stata assolutamente fantastica. Il bello è che ultimamente te li tirano quasi dietro, i libri. La maggior parte di essi costa cinque, sei, dieci euro... quelli un po' più cari sono scontati del 25%, diventando, di conseguenza, molto più allettanti agli occhi del lettore, soprattutto considerando che c'è una crisi pazzesca e che le major, fortunatamente, sembrano volerci venire incontro. 
Mi entusiasma sapere che i libri sono finalmente diventati alla portata di tutti... alla portata di chi, giustamente, non può permettersi di spendere cifre stratosferiche per coltivare la propria passione. 
E comunque. Sto diventando logorroica forte, vero? E allora bando alle ciance, vi faccio vedere cosa ho comprato. 








Il primo libro è anche quello di cui sono più entusiasta... era da tanto che volevo leggere Amber, che a quanto pare è la <<risposta inglese a Rossella O'Hara>>, altro romanzo che ho amato alla follia. Il profumo del caffè sembrerebbe un romance  storico scritto da un uomo. Cioè... wow. Shopping con Jane Austen, invece, non poteva mancare nella libreria di una Janeite devota come la sottoscritta. Che dite, ho fatto buoni acquisti? E  voi? Prima di partire per le vacanze vi dedicherete a un po' di sano shopping libresco? Cosa vi piacerebbe comprare? 









Londra, 1896. Robert Wallis ha ventidue anni e conduce una pigra esistenza da esteta, tra oppio, vaghe aspirazioni letterarie, una raffinatezza ricercata e languidi incontri con donne di facili costumi. Vive in un limbo ozioso: non più studente, dopo l'espulsione da Oxford, non ha alcuna fretta di trovare lavoro, assistito com'è dalla benevola munificenza del padre. Il giovane bohémien ignora però di avere un dono prezioso: un palato molto sensibile e una "plume" precisa ed elegante, capace di tradurre in parole ogni sfumatura del gusto. Il caso vuole che un giorno capiti al Café Royal, la brasserie frequentata da Robert e da una nutrita schiera di eccentrici nullafacenti come lui, Samuel Pinker, un mercante di caffè basso come uno gnomo e dall'aria compunta e sobria come la sua finanziera senza fronzoli. Perspicace come pochi, Pinker assolda il giovane esteta per un progetto rivoluzionario: creare un cofanetto di aromi per dare al caffè un lessico universale. Il mercante ha una figlia, Emily, una ragazza dal viso espressivo e vivace, e dai capelli setosi e dorati raccolti in una crocchia severa. La razionalità e tenacia di Emily, allevata dal padre all'insegna del progresso e della modernità, compensano perfettamente la mollezza sensuale di Robert e, con grande disappunto di Pinker, tra i due nasce un amore condito da profumi e sapori afrodisiaci.










Courtney Stone vive a Los Angeles, ha un fidanzato con cui sta finalmente per convolare a nozze ed è un'incallita lettrice di Jane Austen. Quando sorprende il suo promesso sposo con un'altra, l'unica cura al suo dolore sono la vodka ghiacciata e una copia di "Orgoglio e pregiudizio", che inizia a rileggere prima di sprofondare in un sonno consolatore. Al risveglio è a dir poco disorientata: non si trova più nel suo appartamento del Ventunesimo secolo, e neppure nel suo corpo, ma nella sontuosa stanza di una magione inglese e nei panni di una signorina dell'era della Reggenza. A dispetto di ogni spiegazione logica, Courtney non solo è intrappolata nella vita di un'altra donna, ma è costretta a fingere di essere davvero lei, e a fare i conti con una realtà ben diversa da quella cui è abituata. Neppure il folle amore per Jane Austen l'ha preparata ai vasi da notte e alle luride locande dell'Inghilterra del Diciannovesimo secolo, per non parlare della realtà di essere una single alle prese con accompagnatori soffocanti, seduttori sprovvisti di preservativo e commenti malevoli sulla sua condizione di zitella. Ma Courtney scopre però che la nuova identità ha anche dei vantaggi e incomincia ad apprezzare le "passeggiate nel boschetto" e le sale da tè, le feste da ballo e i pomeriggi di "shopping" dal sarto. Quando poi entra in scena l'enigmatico Mr. Edgeworth, tanto simile al Mr. Darcy della sua eroina Elizabeth, le cose si fanno proprio interessanti...





È il 1644 in Inghilterra. La guerra civile tra i seguaci del re Carlo I e i sostenitori del Parlamento infuria, e divide contee, contrade e famiglie, distruggendo antichi patti e legami secolari. Judith Marsh, figlia di Lord William, nobile fanciulla innamorata e incinta di John Mainwaring, è costretta ad abbandonare il suo illustre casato e a rifugiarsi in un villaggio di umili contadini. Per Lord William, schierato anima e corpo dalla parte del re, una figlia che reca in grembo un Mainwaring, un discendente del conte di Rosswood che ha osato abbracciare la causa dei ribelli del Parlamento, sarebbe, infatti, un autentico disonore. Privata dei suoi averi, del suo rango e persino del suo nome, lontana da John, perso da qualche parte nella guerra contro i realisti, in una misera stanza umida della casa dei paesani cui si è presentata come Judith St. Clare, la figlia dei Marsh, antichissima famiglia di origine normanna, partorisce la sua creatura. Judith fa appena in tempo a udire il pianto della sua bambina e a decidere di chiamarla Amber, che, tra bacinelle di peltro, vasetti di unguenti e cordicelle scure, esala il suo ultimo respiro. Amber St. Clare cresce così da sola, in uno sperduto villaggio di contadini. Sarebbe probabilmente destinata a vivere lì il resto dei suoi giorni se, a diciassette anni, non emanasse dalla sua figura una rigogliosa e aristocratica esuberanza e una bellezza senza pari. Postfazione di Barbara Taylor Bradford.

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